DESCRIZIONE DELL’OPERA E ANALISI DELLO STATO CONSERVATIVO
Il nucleo originario della villa fu costruito nel Trecento dalla famiglia pistoiese dei Panciatichi, sulla valle dell’Ombrone alle pendici settentrionali del Monte Albano. Luogo di importanza strategica, qui si svolse uno storico incontro, in occasione di una battuta di caccia, tra il Duca Alessandro de’ Medici e l’imperatore Carlo V nel 1536.La proprietà passò ai Medici nel 1583 con Francesco I, che desiderava incrementare le proprietà terriere della casata nel territorio del Granducato.
La posizione era particolarmente favorevole perché la tenuta di caccia confinava con quelle di Poggio a Caiano, di Artimino, dell’Ambrogiana e di Montevettolini, in un sistema di ville satellite attorno al Monte Albano. Fu ristrutturata da Bernardo Buontalenti, architetto di corte, con un aspetto piuttosto semplice rispetto ad altre ville. L’edificio base aveva una pianta quadrangolare, con due corpi sporgenti a due angoli diametralmente opposti, senza giardino ma circondato da un ampio parco, che oggi in parte è stato assorbito dalla crescita del paese di Quarrata.
Una particolarità della villa era il lago quadrato con le sponde murate (oggi colmato) con un capanno, progettato dallo stesso Buontalenti con l’assistenza di Davide Fortini e destinato alla pesca ed alla caccia di uccelli acquatici. Nel 1585 i lavori erano già ultimati. Il successivo granduca Ferdinando I de’ Medici la destinò a Don Antonio nel 1645, figlio illegittimo di suo fratello Francesco e Bianca Cappello, mentre Ferdinando II la vendette a Pandolfo Attavanti, che trasformò quello che era un casino di caccia in villa, con un giardino all’italiana, siepi geometriche e parterres, e con decorazioni ad affresco eseguite da Giovan Domenico Ferretti nel 1715.
CRITERI METODOLOGICI DELL’INTERVENTO DI RESTAURO
Le pitture murali risalgono al XVII secolo dove la tecnica pittorica usata era ancora quella barocca, cioè con ampie stesure a buon fresco, rifinite a mezzofresco, per terminare poi nei dettagli con finiture a secco. Le pitture rappresentano scorci prospettici architettonici con stemmi monocromi, e scene a carattere mitologico. Le condizioni delle pitture risentivano, a livello di decoesioni, degli assestamenti strutturali della Villa.
Ampie fenditure nelle volte raccordate da una fitta ragnatela di microlesioni, ci hanno fatto capire che esistono problemi di adesione fra gli strati preparatori ed il supporto e fra il colore e l’intonaco. Le operazioni di restauro sono cominciate con la fermatura dei micro sollevamenti della superficie pittorica mediante l’applicazione di carta giapponese con acqua demineralizzata , iniettando con una siringa del fissativo in emulsione acquosa e tamponando il sollevamento con una spugna umida in modo tale da far riaderire perfettamente il sollevamento al supporto e ridando planarità alla superficie.
Un primo intervento di consolidamento, mirato più a protezione dell’affresco, è stato eseguito mediante pulitura delle varie spaccature e lacune presenti sui soffitti, e iniezione, dove necessario, di malta pozzolanica. Inizialmente la malta è stata data più liquida in modo da farla penetrare più in profondità ed in seguito le lacune sono state chiuse con malte con granulometrie uguali all’originale, in modo da rinforzare la parte lesa. Ad ulteriore rinforzo delle parti risanate, abbiamo applicato due fogli di carta giapponese lungo tutte le crepe, in modo tale da prevenire movimenti della volta ed eventuali cadute di colore durante le lavorazioni dei muratori.
Ultimati i lavori di recupero strutturale abbiamo ricontrollato tutti i soffitti eseguendo ulteriori consolidamenti in diverse zone. Concluse le operazioni preliminari di consolidamento si è proseguito con la pulitura. Questa è stata eseguita mediante l’applicazione di fogli di carta giapponese con acqua demineralizzata e la stesura, su di essa, di tensioattivo-biocida dato a pennello e fatto lavorare per circa trenta minuti, volti a eliminare le macchie di muffe e di umidità. Alcune ridipinture, che compromettevano la lettura dell’opera, sono state alleggerite con impacchi di metilcellulosa e carbonato di ammonio e risciacquati con acqua demineralizzata. In fine, come ultimo passaggio, l’intera superficie pittorica è stata lavata con un prodotto disinfettante in modo da bloccare la formazione di nuove muffe.
Le stuccature sono state eseguite con impasti a base di calce idraulica e sabbie di fiume selezionate in diverse granulometrie, bagnate con una soluzione di caseinato di calcio al 5%. Per l’applicazione abbiamo utilizzato spatole in acciaio inox, dopo preventiva bagnatura delle superfici di contatto. In seguito i bordi sono stati puliti con spugne inumidite in modo da ottenere un livello di finitura ribassato rispetto alla superficie. Sulle pareti e sugli stucchi dello scalone, abbiamo eseguito saggi stratigrafici che ci hanno permesso di identificare i livelli originari corrispondenti alla pittura. Le operazioni di restauro si sono concluse con il ritocco pittorico a base di tempera e pigmenti minerali puri.
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