Secoli di infiltrazioni d’acqua, fuliggine, candele e incenso hanno pesantemente danneggiato la Basilica della Natività di Betlemme, uno dei simboli della cristianità che contiene la grotta in cui si pensa sia nato Gesù. Senza contare i mosaici a rischio umidità. Dal settembre scorso, la chiesa è sotto restauro e questo restauro “parla” italiano. E’ stato affidato, infatti, alla Piacenti Spa di Prato per la particolare competenza dell’azienda toscana sulle strutture lignee. La prima fase dei lavori ad oggi ha un costo di circa 2,7 milioni di euro. E i tre ordini che gestiscono la chiesa non litigano più Come una specie di miracolo, le tre confessioni cristiane che custodiscono la chiesa (la greca ortodossa, armena apostolica e l’ordine francescano della Chiesa di Roma) sono state convinte dal presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas a permettere al gruppo di italiani di lavorare in tranquillità, senza particolari tensioni. “Sono disponibili e collaborativi”, ci spiega Giammarco Piacenti, titolare della Piacenti Spa. “La difficoltà è che non andavano interrotte le celebrazioni che sono continue essendoci tre ordini religiosi nella basilica”. Una ditta italiana Nel corso degli anni la chiesa è stata assediata, bruciata, saccheggiata e scossa da terremoti. Costruita dall’imperatore Giustiniano nell’anno 531 sul luogo dove sarebbe nato Gesù, più volte modificata e ristrutturata, la chiesa fu oggetto degli ultimi lavori di restauro documentati nel 1474. Da allora gli interventi sono stati solo occasionali e il tetto era in pericolo: lo stato di decadimento era così noto che nel 2012 la chiesa venne inclusa dalle Nazioni Unite nella lista dei patrimoni dell’umanità in pericolo. I lavori voluti dall’Autorità Nazionale Palestinese Da qui la decisione dell’Autorità Nazionale Palestinese, che ha la sovranità su Betlemme, di indire un bando per il restauro, vinto dalla Piacenti di Prato che da settembre ha iniziato a realizzare un progetto finanziato da più nazioni – dagli Stati Uniti al Vaticano – che sarà terminato a Natale. I lavori ad oggi hanno un costo di circa 2,7 milioni di euro e sono diretti da una società di progettisti palestinesi con l’ausilio degli autori del progetto preliminare che sono università italiane capitanate dall’Università di Ferrara. Piacenti: “Un gruppo di italiani e palestinesi” “La nostra squadra è formata da 15 italiani e 6 palestinesi e poi ci sono altre 6 persone che lavorano dall’Italia”, spiega Giammarco Piacenti, titolare dell’azienda di restauratori toscani. “Stiamo intervenendo su una parte del tetto che non era mai stata toccata dal 1570”. “Ognuno ha rispettato i lavori dell’epoca precedente” “La particolarità dell’intervento nasce già dalla natura dell’edificio che é stato costruito dai migliori progettisti, con la massima tecnologia e materiali di ogni epoca in cui si sia operato su questo manufatto, da Elena a Giustiniano ai Crociati ai Francescani ai Greci. Ognuno ha rispettato i lavori precedenti e conservato fino a noi metodi interessanti e a volte inaspettati”, racconta Piacenti. “Chiodi di 60 cm che riutilizziamo” “Lo stato di degrado era dovuto al ristagno dell’acqua in corrispondenza di infiltrazioni in copertura che unite alle alte temperature ha accelerato il degenerare del legno attraverso l’azione di agenti biologici. Alcuni particolari tipo i chiodi sono di dimensione opportunamente calibrata fino a misure di 60 cm di lunghezza e fatti talmente bene che vengono tutti riutilizzati nelle stesse posizioni”. L’archeologo: “La maestosità dell’edificio fa rimanere a bocca aperta” “Mi ha molto stupito il livello di conservazione della Basilica”, spiega Alessandro Fichera, archeologo che rappresenta l’Università di Siena (insieme con il prof. Giovanna Bianchi e il prof. Stefano Campana) che ha curato gli studi preliminari sul progetto preliminare e adesso supervisiona i lavori. Il team di ricerca è coordinato dal prof. Claudio Alessandri dell’Università di Ferrara. “Risale al VI secolo, è contemporanea del Santo Sepolcro di Gerusalemme ma quella è molto meno conservata: in questa chiesa, invece, c’è da rimanere a bocca aperta, la maestosità dell’edificio è incredibile”. Il tetto, tuttavia, dava problemi di infiltrazione. “E anche i mosaici e le colonne affrescate avevano bisogno di un restauro”. “Il tetto composto da tre strati: legno, piombo e paglia e fango” “Il legno del tetto non era in buone condizioni, c’erano delle parti abbastanza malridotte – prosegue Fichera – E’ formato da tre strati principali: un’intelaiatura in legno, il piombo che si trova sopra l’intelaiatura e in mezzo un’intercapedine di paglia e fango. Alcune parti vengono sostituite se troppo rovinate, altre invece soltanto integrate”.
Leggi questo articolo su: www.rainews.it