Un cambio di passo nelle azioni messe in campo per promuovere le aziende italiane al di là dei confini nazionali c’è sicuramente stato, ma adesso occorre proseguire stabilmente lungo quella rotta. Licia Mattioli, vicepresidente di Confindustria per l’internazionalizzazione, non ha dubbi. «Dobbiamo andare avanti nella direzione in cui stiamo procedendo. Per la prima volta facciamo sistema e stiamo lavorando con il governo, Ice e Sace-Simest, per portare più imprese all’estero e per farle crescere di dimensioni», spiega l’imprenditrice torinese che, come ricorda lei stessa, ha all’attivo 160mila chilometri in missioni all’estero. Un segno tangibile, dunque, che lo sforzo non è mancato anche se la strada da fare resta ancora molta.
La Mattioli, però, ci tiene a rimarcare che il made in Italy è cresciuto, e anche parecchio, fuori dal nostro paese. I numeri, che la vicepresidente di Confindustria snocciola, sono lì a certificarlo, a cominciare dalla fotografia scattata da Brand Finance, società di consulenza strategica che analizza da sempre le performance economiche dei marchi. «Secondo questa ricerca – sottolinea la Mattioli – il valore complessivo del marchio “made in Italy” è cresciuto del 21%», senza contare che «il rating del brand “Italia” (AA-) è più alto di quello del debito sovrano». Le aziende italiane hanno quindi tutte le carte in regola per conquistare i mercati internazionali ma, aggiunge la vicepresidente, è necessario intervenire anche su altri due fronti. «Dobbiamo cercare di attrarre più investimenti nel nostro paese, finora abbiamo fatto abbastanza pena. E possiamo fare molto di più per attirare turisti in Italia: l’industria turistica è troppo sottoutilizzata».
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