La Basilica della Natività, fondata in epoca costantiniana e poi ricostruita nel VI secolo dall’imperatore Giustiniano, inserita nel 2012 dall’Unesco nella lista dei monumenti patrimonio dell’umanità, ha superato secoli e secoli di storia, assedi, terremoti, guerre, ma anche i danni più recenti causati dalla grave incuria: problemi di stabilità e impermeabilità del tetto e danni ai bellissimi mosaici hanno fatto nascere una vera “fabbrica del duomo”, in cui le maggiori competenze e specializzazioni hanno permesso di ridare luce ai tesori perduti.
Giammarco Piacenti, presidente della Piacenti SpA, la ditta di Prato che si è aggiudicata l’appalto internazionale bandito nel 2013 dalle autorità palestinesi e con il finanziamento di vari soggetti privati, anche musulmani, ha descritto in un meeting internazionale a Rimini il lavoro enorme che sta coinvolgendo circa 60 ditte, che ha portato 170 persone, di cui la maggior parte italiani, a trasferirsi a Betlemme e mettere a frutto complesse tecnologie, capacità di studio e numerose professionalità. Sono state risolte le infiltrazioni di acqua, ripuliti e restaurati i mosaici, analizzate e mappate oltre un milione 600mila tessere dei mosaici, scoperto sotto l’intonaco un angelo mai visto prima! Ed è solo l’inizio di un’enorme quantità di scoperte e di studi ancora in corso!
Tutto ciò è reso possibile da un accordo raggiunto tra le autorità del Governo palestinese e le tre comunità religiose che detengono i diritti sulla Basilica sanciti secondo lo Statu Quo (un provvedimento del 1852): i Greci ortodossi, gli Armeni gregoriani e i Cattolici (in particolare i frati francescani della Custodia di Terrasanta).
Un tale miracolo di bellezza, di capacità ed eccellenza del lavoro italiano, oltre che di capacità di creazione di legami, ha convinto Bernhard Scholz, presidente Compagnia delle Opere, a promuovere la mostra. Un fascino tutto particolare, quello di raccontare un restauro ancora in itinere.
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