La Basilica della Natività a Betlemme, gioiello del cristianesimo dei primi secoli, sta ritrovando il suo antico splendore. Nel 2012, l’Unesco aveva redatto un rapporto più che allarmante: secoli di infiltrazioni d’acqua, di accumulo di polvere, di fuliggine formata dal fumo di candele e incenso, avevano gravemente compromesso il futuro della basilica, edificata nel IV secolo da Costantino e dalla madre Elena.
L’avvertimento fu all’origine di un vasto progetto di restauro, affidato dalle autorità palestinesi alla società italiana Piacenti S.p.A., che nel 2013 si era aggiudicata l’appalto internazionale. Il progetto prevedeva inizialmente la ristrutturazione del complesso tetto della chiesa e la sostituzione delle finestre, ma l’arrivo di ulteriori fondi ha consentito anche la ripulitura, il restauro di un prezioso ciclo di mosaici, nonché l’analisi e la mappatura di oltre un milione e seicentomila tessere musive. Un’impresa di ampio respiro, che ha richiesto le competenze tecniche di centosettanta persone, di cui la maggior parte italiane, trasferitesi a Betlemme per l’occasione.
Dei duemila metri quadrati di superficie è stato possibile salvare circa duecento metri quadrati di mosaici originali. L’opera di recupero ha anche reso possibile una notevole scoperta: la figura inedita di un angelo alto quasi tre metri, nascosta da più decenni sotto uno strato d’intonaco. L’angelo, che diventa il settimo della serie di sei angeli conosciuti finora, era stato ricoperto dopo aver perso gran parte della testa in un attacco degli ottomani iconoclasti. Lo hanno riportato alla luce avanzate tecniche di termografia. «Era stato ucciso. In un certo senso, con il restauro gli abbiamo reso vita», si rallegra Giammarco Piacenti, presidente dell’azienda, nel documentario Restaurare il Cielo, diretto da Tommaso Santi, che ripercorre le diverse tappe di un progetto che ha saputo mobilitare l’intera comunità civile e trascendere i conflitti interconfessionali.
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